Al telefono.
– Hai visto? Alla fine esce con un editore importante. Sapevo che avrebbe fatto strada. Io punto sempre sui cavalli vincenti, mio caro. Raramente sbaglio.
– Con me hai sbagliato, però.
– Già. Peccato. Saremmo arrivati lontano lontano.
– Non capisco perché tutti gli altri in cui credevi non hanno avuto anche l’onore di averti. Voglio dire: credi in molti, ma solo io ti frequento anche nella vita privata. Solo con me condividi quello che non ti fa dormire, e i sogni che continuano dopo la sveglia.
– …
– Forse è più facile starsi accanto come ci state voi, no? Alla fine ci si sente per “lavoro”, ci si dice tre quattro cose, spesso le stesse, e si ha la sensazione di viversi accanto, di tenersi. Di riguardare lo stesso angolo di universo.
– …
– No?
– …
– Ehi, ci sei ancora?
– Perché di te ero anche un po’ innamorata. M’avevi preso cuore e testa.
– Ah.
– E ora soffro un po’, ma fa’ finta che non te l’abbia detto. Sssssssssh…
– …
– Non ci sei più tu adesso?
– Perché ci si innamora di uno come me?
– …
– Eh? Perché?
– Perché c’eri anche quando non c’eri. Come se dovessi esserci.
– Io? E come?
– Come non lo so. Chi le sa queste cose?
– …
– …e speravo pure sempre di incontrarti.
– Ah, sì?
– …e perché quando ti leggevo sentivo l’eco di qualcosa che avevo dentro.
– …
– E soprattutto perché mi fai ridere, e non sei mai banale.
– …
– Senti… una cosa…
– Dimmi.
– Perché non ci si innamora mai di una come me, invece?
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