È un periodo, a dir la verità piuttosto lungo, che mi chiami Papaolo. Non so perché, non ho indagato. So che mi chiamo Roberto e so che tu, da un momento all’altro, una sera, sul divano, hai detto: “Papaolo metti la carica dei 101?”

“Che?”

“La carica dei 101?”

“No, dicevo come mi hai chiamato?”

“Papaolo!”

“Papaolo?”

“Sì, Papaolo.”

“E chi è Papaolo?”

“Tu sei il mio Papaolo.”

Da quell’istante, come hai deciso tu in completa autonomia, sono il tuo Papaolo.

Ora ti avvicini con le mani dietro la schiena.

“Papà?”

“Eh”.

“Papaolo?”

Mi volto.

“Eh, dimmi Matilde”.

“Tieni.”

Tiri avanti le mani, tieni una scatolina bianca, di pasticceria, me la porgi.

“E che cos’è?”

“Un regalo”

“Per me?”

“Sì, Papaolo, per te.”

“Grazieeee Matilde”

Tu, con le braccia libere, mi abbracci una gamba.

“Auguri per il compleanno dei papaoli!”

Sbotto a ridere, poi cerco di rimanere serio.

“Grazie Matilde! Ma cosa c’è dentro questa scatola?”

“I bignè di saggiuseppo”

Lo dici così, tuttoattaccato. Saggiusseppo.

“Grazie, saranno buonissimi. Ora me li mangio. Ma a te piacciono?”

“Non lo so, Papaolo, li posso assaggiare?”

“Ma non sono per me? La festa è la mia!”

“No, Papà, no, sono anche di Matilde e mamma”

Guardo la scatolina, vorrei dirvi che allora ne avete presi un po’ pochini, ma dico solo: “Eh no, se la festa è mia li mangio io, scusa!”

Mi guardi con la faccia brutta, ti chiedo: “Che c’è?”

“Li voglio assaggiare”.

“Ok, ma solo uno di quelli piccolini”

Ti si accendono gli occhi, infili la mano nella scatola, afferri un bignè e lo addenti.

Inutile descrivere fin dove è arrivata la crema, quel che sento, in mezzo a tutta quella crema, è: “Grazie Papaolino mio!”

Aiuto! Oltre al nome che non è il mio, adesso pure il diminutivo!