Mi sveglio elettrico. È il giorno.
Oggi orologi indietro di un’ora. L’unico giorno dell’anno che ha venticinque ore.
Mi lavo così, come viene, non voglio perder tempo. Mi metto una tuta da casa. Mangiucchio avanzi di un dolce che ho fatto nei giorni scorsi e che comincia ad indurire. Scaldo il caffè di ieri nel microonde. Osservo il sole scaldarmi le tende, lo sento con gli occhi il calore.
Penso agli orologi di casa, alle sveglie, agli elettrodomestici. Tutti convinti che siano le 10:00. Solo io so la verità, e la verità è che sono le 9, e ho un’ora in più davanti a me da vivere. Finalmente. Un’ora non prevista. Un’ora sublime.
Finisco colazione. Lascio tutto così, non voglio perdere altro tempo. Sistemerò dopo. Ora voglio godermela. Ora voglio sentirla addosso quest’ora dolce come miele d’acacia, limpida, maneggiabile.
Così entro nello studio e accendo il pc. È già aggiornato. Segna le 9:15. Così come lo smartphone, il tablet, la radiosveglia e la televisione. Già lo sanno. Giocano d’anticipo. Le tecnologie lo sanno, non perdono tempo. Vanno a tempo. E io stamattina non ho nemmeno il gusto di rimettere l’orario corretto, in una versione moderna di un artigiano, che al posto degli oggetti ripara il tempo.
Non mi rassegno. Penso agli orologi da polso. A quelli da parete. Ma quanti ne ho? E li sistemo uno per uno, con un gusto nobile, soddisfatto. Da quelli da polso tiro fuori la rondella, la ruoto di 360° all’indietro, e vedo la lancetta recuperare quest’ora, riviverla, guardarmi interrogativa, chiedermi “devo viverla ancora?”. E penso a tante cose, ma ora c’entrano poco.
Passo agli orologi da parete. Prendo una sedia, li tiro giù. Ticchettano. Non si fermano. Perseverano nell’errore. Poveri ignari. Hanno perso un’ora, un’ora è tanto. Quante cose si fanno in un’ora spesa bene. Così li regolo, uno ad uno, e li riattacco ai chiodi orfani, che spuntano dal muro come minacce. Ci metto un po’ ma in fondo è qualcosa che andava fatto.
Guardo l’orologio al mio polso. Sono le 10:50. Ho dimenticato di regolare me stesso. Così lo sfilo via, lo sistemo sull’ora esatta. E mi accorgo che l’ora è praticamente già finita.
Mi siedo, e aspetto che passino anche questi dieci minuti.