E’ l’unico testimone della sua passione. Guida la sua moto nel traffico e non ce la fa più, deve fermarsi. Pensa: un giorno questa città smetterà di parlarmi di te. Anche se vivo qui da quattordici anni, sono bastati quattro mesi di te a ridisegnare le strade, le piazze, le chiese, tutta la topografia, a fare di queste quattro strade in croce il teatro del mio destino. Tutto mi ricorda te, i ristoranti in cui siamo stati, l’argine del fiume sul quale abbiamo passeggiato quando faceva freddo. Il bar in cui hai mangiato la granita che ti ha fatto venire la lingua blu. L’androne accanto al cinema dove ci siamo rifugiati dopo avere visto un film romantico di Hong Kong, e la guardia giurata che ci guardava male dal gabbiotto perchè ci tenevamo stretti e mi baciavi sul collo. Le foglie gialle cadute sul fiume le abbiamo viste solo noi, e adesso non si può più tornare indietro. I vicoli intorno a casa tua ho paura anche ad attraversarli e, lo sai?, te lo immagini?, affronto complicati giri per non vedere quelle mura rotte. Ho il terrore di scorgerti mentre torni a casa con qualcuno, il braccio sulla spalla, le rampe di scale da affrontare con la sicurezza di finire rovesciati sul letto a ridere. Non ho mai odiato così tanto le porte chiuse. Non ho mai sofferto così tanto per le ombre senza nome che spariscono nel buio dei portoni. Ti maledico perché sei la prima persona nella mia vita per cui ho provato tutto questo. Non ho più la dolcezza dei tuoi baci e solo vado per il mondo senza amore. – I. Cotroneo