– Tu quali storie scegli?
Ieri mi hanno fatto questa domanda, all’interno di un discorso nel quale questa domanda sembrava smarrirsi. Invece è rimasta a galla, non è affondata. E da ieri mi martella il cervello.
Io quali storie scelgo?
Quale dinamica c’è – intima e pubblica – dietro la scelta inconsapevole e razionale, voluta e casuale, che mi conduce a passare mesi, talvolta anni, in compagnia di un personaggio e delle sue inquietudini, dei suoi voli e dei suoi inciampi?
Posso dire che non lo so?
Posso dire che le nostre idee sono sedute in sale d’attesa affollate di aeroporti internazionali?
Restano lì, chissà il tempo, in attesa di decollare, le nostre idee.
Non hanno meta, hanno solo direzioni indicative, suggestioni di traguardi. Hanno bagagli che spesso nemmeno servono, pieni di abbigliamento fuori stagione, oggetti inutili, armi affilate, delusioni.
La questione è che uno prepara le valigie per dove andrà a finire. E la scrittura invece sa, di preciso, al di là delle intenzioni, solo da dove è partita. I bagagli non sono per chi scrive. I bagagli sono costrizioni.
Quindi cosa scelgo? In realtà nulla, o poco. L’innesco. La compagnia che quella storia mi fa lasciandosi raccontare.
Poi, quello che faccio, sempre, è svuotare le valigie. E partire.