Pochissimi sanno, al pari di Federica De Paolis, indagare la parte buia dei rapporti umani con quello strumento delicato che sono le parole.
In questo romanzo, ambientato a Roma ai giorni nostri, quartiere Villaggio Olimpico, Paolo e Viola sono una coppia sfinita dalle dinamiche potenti e incalcolabili del restare insieme nonostante certe forze centrifughe.
Hanno avuto un figlio, Elia, al termine di un tortuoso percorso di fecondazione assistita. Lei, Viola, ha subìto un terribile incidente alla fine della gravidanza, di cui porta i segni – fisici, psichici – ancora oggi.
Elia, un giorno, al parco, si smarrisce. O, meglio, i suoi genitori sono convinti di darsi il cambio, ma, per un incredibile coincidenza, se ne vanno entrambi. Lo dimenticano lì. Come un oggetto, come un frammento di poca importanza.
La ricerca frenetica del piccolo Elia, che rappresenta apparentemente il cuore del romanzo, diventa occasione per Paolo e Viola di ritrovarsi nel luogo scoordinato nel quale da tempo sono andati a finire. Diventa occasione per svelarci lentamente e sorprendentemente il loro rapporto, le loro anime e le loro derive. L’importanza della famiglia, il rapporto coi genitori, le direzioni dell’amore.
Un romanzo sulla capacità che hanno le distrazioni di narrare capitoli inaspettati della nostra vita. Descrivere inciampi. Scandagliare dolori.
Da leggere.

Angosciante
Umano
Materno
Intimo
Intergenerazionale
Familiare
Nebuloso
“I figli, pensava, pagano il prezzo della vita dei genitori. Bisognava essere immensamente adulti per averne: strutturati, forti. Radicati al suolo, sgombri di narcisismo. Non aveva mai immaginato che il pensiero di un bambino potesse sposarsi con il desiderio, non aveva calcolato la presa dell’innamoramento, l’istinto di fondersi con l’altro. L’imperativo del tempo. Il richiamo alla vita.”