Ho un rapporto complesso con la scrittura.
Innanzitutto mi fa paura perché si nasconde bene, scompare, nelle pieghe della quotidianità della mia vita. Non c’è. Non esiste. Non mi appartiene. La cerco, sposto tutto, urlo, corro, piango, rido, amo, e lei non c’è. Cerco da sempre di capire dove finisca quando non la frequento, quando divento prigioniero dei miei giorni ripetuti come una nenia, quando lotto per sfuggire alla mano sgarbata dell’abitudine.
Passano settimane, mesi. E leggo, sì, moltissimo. Contrasto la deriva con le parole. O ascolto le storie di chi scrive accanto a me, me ne faccio coautore, me ne nutro. È una sorta di solidarietà indefessa, costante, non detta. Un salvagente trovato in mare, per caso. Contendo il mio tempo all’assuefazione che ci assedia. Mi do questa possibilità. La ritaglio in attesa di tornarmene in quello spazio che conosce solo chi l’ha abitato almeno una volta. Quelle delle storie da preparare, quello della gioia di dar loro consistenza, universo, unicità.
Poi capita qualcosa. Non lo saprei descrivere. Spesso un dettaglio, ancora più spesso un frammento di vita obliquo che, per qualche ragione, si appoggia dentro di me con l’angolazione giusta, al momento opportuno. È un interruttore, è una scintilla, non so. Capita che mi tornino in mente degli occhi, o magari quel sorriso che è un borgo abitato, o l’inciampo su una roccia che spunta da un sentiero dove vado a camminare. Un cane che miagola. Un amore che scricchiola. Un cielo che grandina. Un amico che impreca.
Succede così. O chissà come. Spesso non me ne rendo conto, spesso mi torna l’urgenza di scrivere che fino a un attimo prima non c’era. E mentre sto ancora lì a chiedermi dove diavolo era finita, le mie dita già fremono.
Contengo storie come una botte di vino. Sono qui, dentro, in attesa di qualcosa che non so, ma che sa renderle perfette da assaggiare, impossibili da contenere. Strabordano. Da lì in poi, per me, tutto diventa contorno. La scrittura reclama spazio. La storia vita.
Oggi è capitato proprio così. E volevo scriverlo. Scrivere della scrittura che torna a concedersi. A lasciarsi amare. E mi è mancata. E non so perché fa così, e dove si nasconde, e se è normale, e quando sarà la prossima volta. Non so niente, ma la mano già scrive.