Hai un privilegio, in questo momento della tua vita. Sei fermo, e riesci a respirare senza affanni.
Non squillano telefoni, non suonano citofoni, non c’è chi ti cerca, chi ti reclama, chi ti esige. E i pensieri, di concerto, si accodano ordinati a questo stato nuovo, che appartiene a tutti ma non è di nessuno, che si chiama calma, che si chiama pacatezza, che si chiama riservatezza.
Riesci, forse per la prima volta, a dirti le cose come stanno.
Può sembrare qualcosa di diverso da un lusso, ma chi la calma non la conosce la rincorre con la stessa frenesia con cui rincorre tutto il resto. La tratta come uno dei tanti obiettivi: tipo laurearsi, tipo trovare un lavoro, tipo essere sereni. Vive sempre senza respiro e lo confonde con la vita vera, quella che galoppa e corre e non si ferma mai. Diventa vittima di quel gioco al massacro, di quella mancanza di lucidità e di voglia che alla lunga fanno la differenza tra chi arriva e chi non arriva più, tra chi afferra e chi non afferra mai.
Ti guardi allo specchio, adesso. Uno specchio piccolo, circolare, che ti rimanda appena la faccia. Non è lo specchio di casa tua, ma non importa, gli specchi sono uguali dappertutto, sinceri, reali, indiscreti. E poi lo sai bene: quando sembriamo diversi da uno specchio a un altro, lo dobbiamo ai nostri occhi. Sei pacato. Sai cosa vuoi, all’improvviso. Come se la consapevolezza fosse un’iniezione fatta in un momento preciso. Come se tutto il percorso che hai consumato in questi anni non ci fosse stato. Capita così, e forse è persino bello. Capita che ogni percorso sia composto di migliaia di passi singoli, ognuno col suo preciso sapore, la sua fatica, il suo indirizzo, il suo valore, e noi, a percorrerlo, dimentichiamo dove andare. Ci smarriamo. Facciamo ogni passo per sé, magari lo assaporiamo persino, ma senza avere una visione di insieme, che poi è il senso di tutto quell’andare.
All’improvviso, però, giungiamo da qualche parte, ci sorprendiamo da qualche parte. Arriviamo, in un certo senso. Quando smettiamo di aspettare, arriviamo. Quando smettiamo di contare i passi, quando abbiamo paura, quando pensiamo che una soluzione deve esserci per forza, quando indaghiamo il nostro esistere con rabbia per rintracciare dove abbiamo sbagliato, dove ci siamo annodati, dove siamo entrati in un loop che non dà scampo.
Eccoti qui. Sei solo. Scrivi su un blog come uno scemo, in un appartamentino minuscolo e pulito. Piove da tre giorni, e sembra non importarti. Questo respiro pacato, questo battito semplice, questi occhi rilassati, sono una novità assoluta. Te ne bei. L’hai rincorsa, hai persino messo in dubbio che esistesse, che fosse l’ennesima storia finta di un abile romanziere, di un cantastorie più bravo degli altri. Hai persino pensato che gli uomini non fossero fatti per la serenità. E invece eccola. Ti pervade come il sole che spunta dalle nuvole, che corre sulla pelle e inebria di luce.
Ti conosci. Sai che sei portatore sano di frenesia malsana, quella frenesia che non è desiderio, non è obiettivo, non è intenzione. In sostanza, è un modo di trattare le cose, come se bruciassero, come se fossero tutte roventi, tutte indegne di restare, di occupare spazi emotivi che in qualche modo darebbero loro dignità. Abiti tutto, senza disdegnare nulla, ma lo abiti il tempo che ti serve a impararlo, poi te ne vai. Ti conosci. Nulla è mai abbastanza.Ogni cosa ha un timer che la condanna. E questo ti condanna ad affrettarla.
E non ti sei mai piaciuto. Chi non sa restare, chi non sa scegliere, non sa cos’è la quiete. E solo nella quiete cominciamo ad esistere per quello che siamo. Non si tratta di tumulti esterni, quelli sono di tutti, si tratta di equilibri interiori. Lo hai capito tardi, forse, ma tardi è meglio che mai, no?
Tu non hai fatto altro che correre. Rincorrere. Scappare. Raggiungere. Spuntare obiettivi da una check-list ideale che ha preso il posto della tua vita. Hai alternato depressioni a esaltazioni, hai avuto paure infondate e trascurato rischi mortali. Hai regalato fiori appassiti, mangiato piatti andati a male, giocato senza regole, o le hai cambiate, o le hai disattese. Hai sbagliato, hai chiesto scusa, lo hai preteso, lo hai negato. E hai amato, quello sì. Hai amato con le parole e coi gesti, hai costruito ripari alle piogge torrenziali, hai aspettato tramonti e albe, e sei qui. Eccoti. La tastiera compone parole veloci, più veloci dei pensieri che annaspano.
Cosa sei, oggi? Non hai rimpianti, forse qualche rimorso, ma nemmeno tanto. L’importante è andare, pensavi. Certo. C’è un mondo che ci aspetta, un covo di meraviglie. Eppure, oggi, qualcosa si è invertito. Oggi l’importante ti sembra soprattutto fermarsi, sapersi fermare, quando la vita ce lo concede. Corriamo tutti, siamo dei pazzi, siamo macchine da profitto, aziende in miniatura, atleti dopati della vita. Chi non è capace di correre a perdifiato? Oggi l’importante ti sembra non trovare scuse, non inventare stratagemmi, sabotaggi. Sapersi fermarsi, riposare, stare in silenzio. Interrompere il flusso di comunicazioni continue, l’intersezione di caos, scadenze, rumori, impegni, riferimenti. Ritagliare se stessi nel fluido totalizzante che è diventata la vita. Non è facile, come interrompere una cascata con le forbici. Ricavarsi distintamente dall’indistinto. Dare confini esatti a qualcosa che sfugge da tutte le parti. Assurdo, vero? Restare uno, in una nebbia che sgretola.
Non è impossibile, si impara.
Adesso non hai addosso alcun tipo di sollecitazione, di ansia, di scadenza. E ti senti strano. Non ti è mai capitato prima. Magnifico lo definiresti, ma non lo fai. Le cose magnifiche non durano. E tu invece vuoi che tutto questo duri, perché hai compreso quanto sia importante il tempo, così effimero, che spendiamo tutti alla stessa velocità, ma in modi abissalmente diversi.
Hai mille cose da fare, ti aspettano, ti cercano. Il calendario arranca sotto il peso delle scadenze, dei giorni pieni. Una parte di te vorrebbe rinunciare a questo silenzio per correre, per incontrare tutto questo. Tornare fluido, disperdersi. Nulla sarebbe più facile.
Ma riesci a dire NO. La facilità non esiste, è la direzione apparente per chi sta fermo.
Lo ripeti. NO NO NO. Ed è il primo atto di una rinascita reale e profonda.