Da lontano

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E poi, all’improvviso, e per caso, apprendo che ci sono le femmine dei cervi che hanno un modo inconsueto per fare le madri. Hanno una loro modalità su cui, noi animali umani, dovremmo riflettere a lungo. La natura trova sempre un modo per rispondere alle nostre inquietudini.

Talvolta succede di imbattersi in un piccolo cerbiatto solo, nel sottobosco, nascosto tra le foglie. E ci si domanda Che fa qui tutto solo? E’ ferito? Lui ricambia lo sguardo, con gli occhi vivi nella penombra. Lucidi, completi. È fermo, racchiuso in un movimento che è il suo respiro, e noi lo crediamo ferito. Lo avviciniamo, cerchiamo di capire come poterlo aiutare, arriviamo a pochi centimetri. E lui è sempre immobile, statuario, marmoreo. Non accenna al minimo turbamento. Lo tocchiamo, lo accarezziamo. È vivo, non c’è dubbio. Ma sembra morto. Sembra morto davvero.

Sua madre dov’è? Il timore che ci assale riguarda un improvviso ritorno della femmina imbizzarrita per il cucciolo in pericolo. Così ci allontaniamo, e lo lasciamo lì, scultura tra le foglie, convinti che lo attenda in ogni caso un infausto destino.

È davvero possibile prendersi cura di qualcuno da lontano?

La femmina del cervo lascia i piccoli da soli per intere giornate. È consapevole che i piccoli non hanno odore, ma lei sì. E sa bene che l’odore è un richiamo, una campanella nel silenzio, per i predatori affamati. Tutto il tempo che passa con i cuccioli li espone a rischi e pericoli enormi. Quindi se ne va, si allontana, li lascia lì nel sottobosco, dove i piccoli, immobili per istinto di autoconservazione e paura, attendono il suo ritorno.

La madre guarda i figli da lontano, ma li lascia soli. Come ogni madre soffre il peso di quel distacco, ma lo accetta. È una madre perfetta. Li sorveglia, senza mettere a repentaglio la loro vita. Questo comportamento parla ai nostri cuori molto più di mille libri di psicologia.

Non è riferito solo ai rapporti genitori\figli, o alle coppie di innamorati che si lasciano andare e si tutelano nella propria rispettiva identità. Vale anche per chi, nella vita, perde persone senza volerlo, senza poter in nessun modo recuperarle. Per i lutti, insomma.

Non è colui che è presente, sempre a un passo dai nostri corpi, che necessariamente ci ama di più. L’amore non si misura in centimetri. Forse ci ama di più chi, appreso di mettere a repentaglio la nostra vita, si allontana. Si fa da parte. E continua ad amarci da lì. Ad amarci di un amore sorvegliato, delicato, completo.

Nelle stagioni della vita dobbiamo imparare a fare entrambe le cose.

Rimanere da soli nell’attesa. Lasciar andare quando amiamo ancora.

Ecco tutto.

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