– Tu come le risolvi le crisi creative?
– Una volta ci soffrivo. Ora ho capito che fanno parte della vita, come i momenti di estro.
– E come le vivi?
– Le vivo così. Da momenti.
– Sono davvero momenti del cazzo, però.
– Vabbé gli aggettivi e gli attributi sono di questo tipo, certo. Ma sono soprattutto momenti. E i momenti finiscono. Quello importa.
– Quante incertezze amico mio… Che brutto!
– Eppure sai basterebbe un minimo riscontro. Un riscontro dall’alto, e cambierebbe tutto.
– Probabilmente sì. Ma il punto è averlo, il riscontro. Intanto mi sforzo di scrivere, anche cose brutte.
– Non so se funziona così. A volte è meglio lasciar fermentare le idee.
– Forse hai ragione. Ma se non scrivo proprio niente mi sento troppo in colpa. Tu no?
– Mica è una condanna scrivere. È un piacere.
– Lo so, ma senza un po’ di disciplina rimango immobile. Devo sforzarmi.
– Forse diamo poca importanza al silenzio della scrittura. Il tempo che passa tra due periodi fertili. L’attesa.
– Già, forse le parole devono nascere. Hanno bisogno di tempo. E noi non sappiamo più aspettare.
– Io cmq sto facendo partire un blog. Così posso scrivere anche cose brutte. Nei blog passano prima, sono fiumi.
– (sorride) Anche io sto pensando di farlo! E sto scrivendo un po’ di pezzi prima di aprirlo. Sarà autobiografico al massimo.
– Il mio più che autobiografico sarà un esercizio di scrittura. Un modo per trattare la vita con le parole, un pretesto per scrivere e scrivermi, un appuntamento con me stesso, una terapia.
– Bello, visto così. Adesso vado, sto finendo un racconto.
– Un abbraccio.
– A te.