“Scrivere un racconto non era facile come scrivere una lettera, o come raccontare una storia ad un amico. Io credevo di sì. Čechov aveva detto che era facile, ma io riuscivo a stento a finire una pagina al giorno. Mi scoprivo troppo coinvolto nelle parole, negli strani rapporti tra i loro suoni, quasi che sotto le parole ci fosse una musica, come il canto arcano di un demiurgo dal quale emergessero immagini, oggetti virtuali, strade, alberi e persone: diventava sempre più forte, come se la musica fosse la storia. Dovevo togliermi di mezzo, lasciare che accadesse, ma non ci riuscivo. Ero un cattivo ballerino: sentivo la musica, eseguivo i passi, incapace di lasciarmi andare alla melodia”. – L. Michaels, “Sylvia”